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La corretta gestione del terreno vegetale nelle fasi di cantiere

La corretta gestione del terreno vegetale nelle fasi di cantiere

Negli Studi di Impatto Ambientale, quando si affronta l’analisi degli impatti previsti nella fase di cantierizzazione e di realizzazione di un’opera infrastrutturale, come ad esempio un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili, TECNOVIA dedica un’indagine specifica alla valutazione degli impatti previsti sul terreno vegetale e alle possibili tecniche di protezione del suolo applicabili a questa specifica matrice.

TECNOVIA ritiene infatti che tale aspetto sia molto importante al fine di ridurre gli impatti nella fase di realizzazione di un qualsiasi impianto.

Generalmente il terreno vegetale viene semplicemente asportato o portato in discarica, e si presta poca attenzione a questa matrice, dimenticando invece che il terreno vegetale è un vero e proprio “tesoro”, non solo per il suo valore intrinseco, ma anche perché qualsiasi terreno di “ripristino” non è paragonabile per qualità, morfologie e composizione al terreno vegetale “naturale” interessato  dai lavori. In sede progettuale sarebbe necessario prevedere gli impatti sul suolo nella fase di realizzazione dell’opera, definendo, fin da subito, quali funzioni sarà chiamato a svolgere alla luce del tipo di opere di ripristino previste.

I principali obiettivi per la avere una protezione del suolo ottimale sono:

  • Mantenere intatti gli aggregati dopo ogni attività sul suolo o movimento di terra.
  • Conservare la porosità del terreno, sia nella sua diversità sia nella continuità.  
  • Mantenere lo spessore e l’ordine degli strati.
  • Garantire la valorizzazione del suolo asportato non contaminato con una buona qualità di tessitura anche al di fuori del cantiere.

Con questi obiettivi, secondo Tecnovia sono tre i principi da adottare della protezione del suolo nei cantieri:

  1. Prevenire: in questo modo si evita di risanare a posteriori i suoli non trattati correttamente.
  2. Ridurre le superfici occupate e l’asporto di suolo al minimo indispensabile per le piste di cantiere, gli impianti, i lavori di asporto su superfici scavate o lavorate, ecc.
  3. Valorizzare gli strati asportati,  per la loro riutilizzazione in funzione della qualità del ripristino.

Il suolo in natura è frutto di una lunga e complessa azione dei fattori: i fattori della pedogenesi. Se vogliamo ripristinare un’area di cantiere e “riprodurre” un suolo il più possibile simile a quello originario ante operam, dovrà essere posta la massima cura e attenzione alle fasi di asportazione, di deposito temporaneo e di messa a riposo del materiale terroso, in previsione di un suo successivo riutilizzo.

Un suolo mantenuto di buona qualità sarà più capace di rispondere alle esigenze del progetto di ripristino, avrà un minore costo di manutenzione e necessiterà di ricorrere in misura minore a terreni provenienti dall’esterno del cantiere.

Proprio per ricostituire una copertura vegetale coerente con la situazione pre-esistente, bisognerà progettare e operare per il riutilizzo dei terreni già presenti nell’area di intervento. In questo modo la nuova infrastruttura sarà maggiormente integrata nello specifico contesto territoriale.

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